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Ogni azienda che esporta produce, in media, 25mila euro l’anno in più per ogni dipendente rispetto a una che non lo fa. E la dimensione non sempre conta. Perché pure piccolo “è bello”. A patto di saper presidiare, nel medio-lungo periodo, il mercato di destinazione. E lo dimostra il fatto che su quasi 200mila aziende italiane che esportano, il 90% ha meno di 50 dipendenti.
La fotografia dell’export “Made in Italy” di fine anno – assieme alle stime 2019-2020 – l’ha scattata il rapporto Ice-Prometeia, presentato stamane a Milano.
Lo “stato di salute” dell’export
L’export internazionale continua a crescere. Ma meno velocemente. Non corre ma continua a camminare, al netto dei dazi e delle restrizioni al commercio – tariifarie e non – che nel solo 2018 hanno raggiunto quota 548. Un record. Mai così tante. E non riguardano solo le schermaglie tra Usa e Cina.
«Nel 2018 – ha spiegato Alessandra Lanza, partner di Prometeia – gli scambi di manufatti aumenteranno a un tasso del 4,5% a prezzi costanti, in rallentamento di 0,3 punti rispetto all’anno precedente. Nel 2019, la crescita dovrebbe rallentare al +4,1% e poi dovrebbe risalire a partire dal 2020.
Siccome, però, la domanda internazionale rallenta, sono i beni intermedi a risentirne di più: la meccanica – primo settore di export per il Made in Italy – dovrebbe frenare.
Meglio i beni di consumo: food, vino, moda e arredo. Nel 2019, l’export internazionale dovrebbe crescere di più su beni tecnologici ed elettronica (automotive, nautica, aerospazio, tecnologie digitali) così come su chimica, plastica e farmaceutica. Continuiamo a fidarci dei mercati vicini (Germania, Francia e Ue in generale), Russia. «Ma i due mercati che continueranno a offrire le maggiori opportunità, nel prossimo biennio – ha concluso Lanza – sono Usa e Cina. Allo stesso tempo il divario con i concorrenti (dal vino francese, alla tecnologia tedesca) mettono in evidenza un potenziale per l’Italia ancora tutto da valorizzare».
La dote finanziaria del Governo per l’export 2019
«Nel 2019 – ha spiegato Giuseppe Mazzarella, presidente pro tempore dell’ Agenzia Ice – sono previsti stanziamenti per 183,5 milioni per promuovere il commercio italiano all’estero». Il focus – ha aggiunto – sarà sulle Pmi, in modo che «l’export non sia un fenomeno occasionale, ma divenga stabile». L’Agenzia – che attende la nomina di Carlo Maria Ferro, in uscita da Stmicroelectronics Italia, come nuovo presidente, mentre ieri ha visto reinsediarsi, come direttore generale,Roberto Luongo – punterà a favorire il digitale e la tecnologia.
Più export per 46mila imprese in 5 anni
«Sono 195mila le imprese che esportano, ma ci sono decine di migliaia di altre imprese che, pure avendone le potenzialità, non riescono ancora a farlo – ha affermato il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli –. Le Camere di commercio stanno lavorando anche insieme ad Ice per consolidare la presenza all’estero delle aziende e hanno un piano di azione preciso rivolto a 46mila aziende potenziali esportatrici, soprattutto di piccole dimensioni, con fatturato sotto i 3 milioni di euro, per aiutarle ad aprirsi ai mercati stranieri nei prossimi 5 anni».
«L’impegno del Governo – ha concluso Michele Geraci, sottosegretario allo Sviluppo economico, con delega al Commercio internazionale – è quello di favorire lo sviluppo digitale delle Pmi italiane. Dalla corretta costruzione di un sito web allo sviluppo dei sistemi di pagamento online a logistica e stoccaggio delle merci per l’e-commerce. Credo che l’Italia possa inserirsi nelle sinergie che attualmente Cina e Giappone stanno creando, ad esempio, in Africa, dove il noistro Made inn Italy può proporre soluzioni tecnologiche e innovative».