[:it]Il gigantismo delle portacontainer e l’eccesso di capacità rallentano la velocità media dei servizi e allungano le soste in banchina. Secondo un’analisi di Cosco Italia sarebbero avvantaggiati gli scali italiani rispetto a quelli del Nord Europa.
La crescita dimensionale della navi portacontainer, fenomeno noto sotto il nome di gigantismo navale e sviluppatosi per sfruttare al massimo le economie di scala del trasporto marittimo sulle grandi rotte intercontinentali, sta favorendo i porti italiani quanto meno lungo le direttrici che mettono in collegamento Asia ed Europa. Il motivo lo spiega Marco Donati, vertice della società Cosco Shipping Lines Italy che è agente in Italia del gruppo armatoriale cinese Cosco, affermando che fino a qualche anno fa i porti nel Mediterraneo e in Nord Europa (con servizi diretti) venivano serviti più o meno con gli stessi tempi dall’Asia mentre ora la situazione è cambiata.
“Le moderne portacontainer da oltre 12mila teu possono entrare in pochi porti anche in Italia, hanno bisogno di almeno due giorni di tempo per svolgere mediamente tremila operazioni di imbarco e sbarco (prima bastava un giorno) e questo, pur considerando i miglioramento operativi nelle prestazioni delle gru, allunga la rotazione dei servizi di linea”, spiega Donati. L’allungamento dei transit time è tale per cui la merce per partire da uno stabilimento produttivo in Asia e giungere all’utilizzatore finale in Europa (o viceversa) impiega fino a sessanta giorni passando dai porti del nord e questo chiaramente sta cambiando certi ragionamenti fra i produttori.
“I porti italiani oggi consentono di risparmiare da sette a dieci giorni sui transit time rispetto agli scali del Nord Europa e questo vantaggio competitivo non dev’essere vanificato con inefficienze di vario genere nel ciclo d’importazione delle merci”, aggiunge Donati, sottolineando che un time to market di dieci giorni inferiore ha un valore commerciale e finanziario importante per le imprese. C’è poi un’altra conseguenza imposta dalla crescita dimensionale media delle navi portacontainer ed è quella di aver ridotto le alternative possibili di scalo in determinate regioni di mercato.
Nel Nord Tirreno, ad esempio, i servizi operati con le maxi-navi devono necessariamente scalare La Spezia o il Vte di Genova Prà. “Non esiste più concorrenza fra porti e si assiste a uno strapotere di alcuni terminal nei confronti delle compagnie di navigazione”, lamenta Donati. “Non a caso società come Vte e Lsct da anni chiudono bilanci con oltre 30 milioni di euro di utile netto ma questo, ripeto, è una delle conseguenze del gigantismo navale. Cosco ha voluto investire in un terminal portuale a Vado Ligure per garantire un accosto alle proprie navi e per offrire ai caricatori una via d’accesso alternativa verso il Nord Italia e il Centro Europa da servire via treno”. I cinesi sono entrati in società (al 49,9%) con Apm Terminals e si sono posti l’obiettivo di “aggredire aree di mercato verso la Svizzera e la Germania”.