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L’associazione degli agenti aerei chiede una razionalizzazione degli scali cargo italiani e una cabina di regia per coordinare gli interventi pubblici. Già previsti investimenti per 140 milioni di euro.
Il trasporto aereo delle merci in Italia sembra essere in fase di rullaggio e pronto a decollare. Secondo i dati presentati nell’assemblea di Anama (Associazione nazionale agenti merci aeree) le merci movimentate negli scali del Paese sono aumentate nel 2016 del 7,4% rispetto al 2015, raggiungendo 1,043 milioni di tonnellate, mentre nel periodo 2006-2016 la crescita è stata del 18,2%. Anche nei primi tre mesi del 2017 il trend è in crescita del 11,7% circa. In valore assoluto il cargo aereo incide poco sul totale delle tonnellate di merci movimentate da e per l’Italia (circa il 2%) ma l’importanza di questo comparto cresce notevolmente se consideriamo il valore del carico trasportato (il 35% del totale nazionale viaggia in aereo). In aereo viaggiano i prodotti pregiati del made in Italy, tra cui quelli della Moda.
Il presidente di Anama, Marina Marzani, ha ricordato come l’Italia, che rappresenta solo il 6% del totale di merci movimentate in Europa, sia ancora lontana dalle prestazioni degli aeroporti francesi, tedeschi e olandesi. Per recuperare terreno, l’associazione chiede alcune misure, tra cui spicca l’invito a puntare su pochi aeroporti destinati al general cargo come avviene all’estero. “Per avere collegamenti aerei efficaci ed efficienti occorre concentrare la massa critica della merce su pochi scali. Evitiamo di creare cattedrali nel deserto”, ha spiegato Marzani, chiedendo anche “una cabina di regia nazionale che governi e indirizzi il sistema aeroportuale italiano”.
Le altre richieste avanzate dall’associazione sono l’inserimento nel documento doganale di transito, anziché il numero di targa, il numero della lettera di vettura aerea; istituire una carta dei servizi merci obbligatoria per i principali aeroporti cargo che fotografi la reale qualità erogata; creare poli logistici negli aeroporti con vocazione cargo, offerti a prezzi di mercato e non a costi “aeroportuali”.
Alessio Quaranta, direttore generale di Enac, condivide la razionalizzazione degli scali, ricordando che “ogni tonnellata di merce italiana dirottata su strada verso scali stranieri contribuisce ad alimentare, attraverso le tasse, lo sviluppo degli stessi aeroporti concorrenti”. Un circolo vizioso da cui l’Italia sta cercando di uscire grazie anche a 140 milioni di nuovi investimenti previsti per i prossimi anni in diversi scali per migliorare i servizi cargo. “Si tratta di 12 milioni per Bologna, 26 per Fiumicino, 28 per Malpensa, 19 per Bergamo, 17 per Brescia, 13 per Catania, 9 per Venezia e 5 per Ancona”, ha precisato Quaranta, ricordando che buona parte di queste risorse arriva dai corrieri espresso, tra cui spicca Dhl che da sola investirà 300 milioni a Malpensa, Fiumicino e Venezia, più altri 26 milioni appena annunciati per un nuovo magazzino che sarà realizzato dall’aeroporto di Bologna. La strada necessaria per il rilancio del cargo aereo secondo il direttore di Enac passa necessariamente anche per “una maggiore apertura delle nostre infrastrutture agli operatori stranieri” e con “una rinegoziazione degli accordi di traffico”.
Un’impostazione, quella di Anama e di Enac, condivisa anche da Ivano Russo, consigliere del ministro dei Trasporti Graziano Delrio, che ha promesso “entro fine giugno la presentazione di un nuovo position paper sul trasporto aereo, che sarà di fatto un’appendice del Piano nazionale per gli aeroporti attualmente alla valutazione del ministero dell’Ambiente”. Russo ha sottolineato l’esigenza di “mettere a sistema le varie modalità di trasporto per creare una rete di interconnessioni infrastrutturali e tecnologiche” e ha concordato sul fatto che “non tutti gli aeroporti italiani debbano operare nel cargo. È il mercato a scegliere dove portare la merce”.