[:it]La compagnia di Seoul dichiara bancarotta e le sue 85 navi (senza soldi) sono bloccate fuori dai porti con a bordo migliaia di container. Nike, Hugo Boss e Samsung, come molti big mondiali, temono contraccolpi sulle forniture. Bloccati 14 miliardi di merci la cui logistica va rivista da zero.
Una flotta fantasma di 85 mega-navi portacontainer, a corto di soldi, cibo e benzina, sta mandando in tilt in queste ore il commercio mondiale. Nessun porto le accetta più. Nessun fornitore è disposto a garantire carburante e catering dopo che la Hanjin, il colosso dello shipping coreano cui appartengono, ha dichiarato bancarotta. Un paio sono bloccate fuori dal porto californiano di Long Beach con a bordo 38 milioni di dollari di valore di componenti per elettrodomestici Samsung. Il capitano di un’imbarcazione alla fonda di fronte a un porto giapponese ha comunicato che le autorità locali hanno autorizzato l’ingresso al molo solo per scaricare la merce, obbligando l’equipaggio a mollare gli ormeggi subito dopo senza rifornimento di acqua e viveri.
Il governo di Seoul ha garantito un prestito straordinario di circa 90 milioni di euro per tamponare l’emergenza mentre uno stuolo di legali è al lavoro per ottenere l’accesso delle barche in una cinquantina di porti. L’impasse rischia di travolgere con un effetto domino tutto il commercio mondiale: Hanjin è uno dei maggiori shipper al mondo e secondo le stime degli analisti ci sono merci per 14 miliardi di dollari pronte per la spedizione che dovranno essere spedite a destinazione con altri mezzi. Molte in aeroplano, metodo molto più costoso ma l’unico con cui colossi come Nike, Ralph Lauren e Hugo Boss, solo per citarne alcuni, riusciranno ad arrivare con i loro prodotti in tempo nei negozi per Thanksgiving e per Natale.
La crisi della flotta coreana è figlia delle pessime condizione di salute dell’intero settore del trasporto via mare con container. I tassi bassi hanno convinto molti armatori a comprare nuove navi e il boom dell’offerta ha fatto crollare prezzi e redditività. Il comparto lavora in perdita da fine 2015 ed è destinato a chiudere il 2016 in rosso per 5 miliardi circa.
Hanjin, ad oggi, è la vittima più nota. I titoli della società hanno perso da inizio anno il 63%. Le banche hanno respinto nei giorni scorsi un drastico piano di ristrutturazione e l’azienda è stata costretta a dichiarare bancarotta. Le conseguenze sull’operatività sono state immediate. La fermata in un porto per lo scarico costa in media 35mila dollari e nessun operatore aeroportuale è disposto a muovere le sue gru per un cliente che non è in grado di pagare. Non solo. Venditori di carburante e creditori possono chiedere a un giudice di sequestrare le merci ed arrestare gli equipaggi motivo per cui Hanjin è stata costretta a chiedere negli Usa (ottenendola) una protezione giudiziaria.